L’ansia da prestazione, tanti tanti anni fa, ce l’avevamo tutti!
Quando il genere umano era sottoposto a diversi rischi e pericoli di ogni genere, il meccanismo di allarme dell’ansia ha permesso all’uomo di sopravvivere. Ci è stata utile per segnalare il pericolo concreto in arrivo. L’ansia può essere quindi considerata un meccanismo positivo di attivazione. Ci dà la possibilità di concentrarci maggiormente e di focalizzarci sullo scopo prefissato. Allo stesso tempo, le emozioni che emergono possono diventare difficili da gestire, e possono nascere paura, angoscia e una sensazione di disagio.
Come mai prima di una performance proviamo ansia da prestazione?
L’ansia da prestazione è caratterizzata da una forte paura e preoccupazione di non essere in grado di svolgere un compito o di eseguirlo ad un livello di competenza desiderato. L’intensa paura di fallire e di essere giudicati negativamente dagli altri e da se stessi può portare la persona che la vive a fuggire dalla situazione ansiogena, attuando un comportamento evitante, perché percepita come emotivamente rischiosa.
Maggiore è la conseguenza negativa immaginata e maggiore sarà l’ansia percepita.
Tra i fattori predisponenti a questo tipo di ansia si può sottolineare la bassa autostima e il perfezionismo, ovvero la tendenza ad imporre a se stessi standard elevati e irrealistici, che porta ad un’autocritica severa, un’attenzione costante agli errori che vengono interpretati come indicatori di fallimento e un intenso timore del giudizio esterno.
Quando il focus della preoccupazione è sulla valutazione negativa che immaginiamo da parte degli altri, sull’imbarazzo o sull’umiliazione, può essere considerata come una fobia sociale.
L’ansia da prestazione può presentarsi in tutti gli ambiti di vita, correlata alla capacità di eseguire qualsiasi attività. In particolare, possiamo riconoscere che è frequente: nelle prestazioni accademiche; nell’ambito sportivo; nel contesto lavorativo; nelle esibizioni, più comunemente chiamata ansia da palcoscenico; nella sessualità.
Quali sono i sintomi?
I sintomi potrebbero manifestarsi diversamente da persona a persona e a seconda dell’intensità dell’emozione.
Tra i sintomi fisiologici, che si possono presentare, troviamo:
- un aumento della frequenza cardiaca,
- aumento della pressione sanguigna,
- tremori,
- vertigini,
- mal di testa,
- respirazione veloce o superficiale,
- difficoltà di controllo vescicale,
- dolori allo stomaco,
- vista offuscata,
- sudorazione,
- mani o piedi freddi,
- brividi,
- pelle pallida o arrossata.
I sintomi psicologici possono essere invece:
- iper-vigilanza,
- confusione,
- difficoltà di memoria,
- pensieri negativi rispetto all’esito del fallimento percepito,
- cambiamenti di comportamento,
- paura di perdere il controllo,
- decisione di evitare l’attività ansiogena.
Penso e quindi accade
“Ho un ricordo difficile da digerire quando penso alle piccole esibizioni di pianoforte che ho fatto anni fa, nel periodo delle scuole medie. Ricordo che prima del concerto mi preparavo con grande entusiasmo e, allo stesso tempo, avevo paura di fallire, che gli spettatori ridessero di me, che l’insegnante mi rimproverasse, che non riuscissi a muovere le dita e così via. Prima di entrare in scena, la paura era intensa. Immaginavo di scappare via e alleggerirmi di quel peso, per non pensarci più. E infine, salita sul palco, l’emozione mi avvolgeva completamente. Non ricordo nulla del pubblico in sala, ho solo l’immagine di me al pianoforte, in preda alla preoccupazione e alla confusione, che sbaglio tutte le note.“
Può accadere che ci si aspetti talmente tanto un fallimento che alla fine diventi una profezia che si auto-avvera. Ovvero, i comportamenti e i pensieri saranno indirizzati verso l’insuccesso, provocando difficoltà a mantenere uno stato di lucidità, allontanandosi da un atteggiamento positivo verso l’obiettivo desiderato. Più diamo ascolto alla paura e iniziamo a convincerci che accadrà, più finiremo per realizzare le aspettative negative che temiamo. La risposta di lotta o fuga del corpo, che viene attivata a causa dell’ansia, può creare una distrazione che influisce sulle prestazioni della persona.
Cosa fare per gestire l’ansia da prestazione?
Il costrutto cognitivo che unisce la qualità della performance alla percezione del valore personale può essere modificato attraverso un percorso di terapia psicologica, che permetta di ottenere una buona consapevolezza delle cause scatenanti, di lavorare sui processi mentali di auto-sabotaggio e di imparare a gestire le emozioni correlate. Soprattutto, può essere importante lavorare sulla costruzione di aspettative realistiche, che sostituiscano quelle perfezionistiche. L’errore è possibile ed è possibile accettarlo senza attribuirgli un valore sulla persona o un giudizio sulle sue abilità.
Il primo passo è imparare a reindirizzare i pensieri negativi, le immagini e le convinzioni sulla performance. Pensando alla mia esperienza di piccola pianista, oggi posso dire che avrei voluto godere di quel momento di gioia e spostare l’attenzione da me stessa e dalla mia paura sul pubblico e su ciò che stavo offrendo loro. Concentrarsi sulla positività dell’evento può essere utile per produrre pensieri rivolti al desiderio e alla piacevolezza della prestazione.
Nel percorso terapeutico vengono integrate le tecniche di rilassamento, la respirazione controllata e la pratica meditativa, utili per gestire i sintomi ansiosi. Le abilità di rilassamento e concentrazione possono rappresentare un “porto sicuro” nei momenti di intense emozioni, come può accadere prima di una performance.
È bene ricordare che la giusta dose di ansia (entusiasmo, eccitazione, attivazione) migliorerà le tue prestazioni. Pensiamo agli atleti, che utilizzano le emozioni come risorse che energizzano il corpo. Con l’atto di inspirare consapevolmente entri in te. Il tuo corpo sta respirando, e il tuo corpo è la tua casa. In ogni respiro puoi tornare a te stesso.
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